Author/Uploaded by Virginie Despentes, Maurizia Balmelli (editor)
Virginie Despentes Caro stronzo Traduzione di Maurizia Balmelli Titolo originale: Cher connard © Virginie Despentes et Les éditions Grasset & Fasquelle, 2022 © 2023 Fandango Libri s.r.l. Viale Gorizia 19 00198 Roma Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-6044-956-6 www.fandangolibri.it&#...
Virginie Despentes Caro stronzo Traduzione di Maurizia Balmelli Titolo originale: Cher connard © Virginie Despentes et Les éditions Grasset & Fasquelle, 2022 © 2023 Fandango Libri s.r.l. Viale Gorizia 19 00198 Roma Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-6044-956-6 www.fandangolibri.it Publiée avec l’aide du CNL – Opera pubblicata con il sostegno del CNL. OSCAR Cronache del disastro Incrociato Rebecca Latté, a Parigi. Riaffiorati alla memoria i personaggi straordinari che ha interpretato, donna di volta in volta pericolosa, nefasta, vulnerabile, toccante o eroica – quante volte me ne sono innamorato, quante foto di lei, in quanti appartamenti, sopra quanti letti, ho potuto appendere e mi hanno fatto sognare. Metafora tragica di un’epoca che va a puttane – questa donna sublime che ha iniziato un’infinità di adolescenti a quello che fu il fascino della seduzione femminile al suo apogeo – oggi ridotta a una cozza simile. Non solo vecchia. Grossa, sciatta, una pelle schifosa, e questo suo personaggio di donna sporca, chiassosa. Il tracollo. Mi hanno detto che si è convertita in musa per giovani femministe. L’internazionale delle pezzenti ha colpito ancora. Livello di sorpresa: zero. Mi metto in posizione fetale sul divano e riascolto Hypnotize di Biggie, in loop. REBECCA Caro stronzo, Ho letto quello che hai pubblicato sul mio profilo ig. È come se un piccione mi avesse cacato sulla spalla. Ti insozza, ed è molto sgradevole. Uè uè uè sono una piccola sfigata che non interessa a nessuno e che frigna come un chihuahua perché sogna di essere notata. Gloria ai social: l’hai avuto, il tuo quarto d’ora di gloria. La prova: ti sto scrivendo. Scommetto che hai dei figli. Uno come te si riproduce, immagina se la stirpe finisse. Le persone, ho notato, più sono stupide e sinistramente inutili più si sentono di dover garantire la discendenza. Per cui mi auguro che i tuoi figli schiattino sotto a un camion e che li guardi agonizzare senza poter fare niente e che gli schizzino gli occhi fuori dalle orbite e che le loro grida di dolore ti perseguitino ogni notte. Questo è tutto il bene che ti auguro. E lascia stare Biggie, coglione. OSCAR Che veemenza. Me la sono cercata. La mia unica scusa è che non pensavo che mi avrebbe letto. O forse sotto sotto lo speravo, ma senza crederci davvero. Mi dispiace. Ho cancellato il post, e i commenti. Detto ciò, che veemenza. Sulle prime sono rimasto scioccato. Dopodiché, devo ammetterlo, mi ha fatto molto ridere. Provo a spiegarmi. Ero seduto a pochi tavoli dal suo in un dehors di rue de Bretagne – non ho osato rivolgerle la parola, ma l’ho guardata con insistenza. Devo essermi sentito umiliato dal fatto che la mia faccia non le ricordasse niente, e anche dalla mia stessa timidezza. Altrimenti non avrei mai scritto delle cose così abiette su di lei. Quello che avrei voluto dirle quel giorno – non so se le ricorderà qualcosa – è che sono il fratello minore di Corinne, eravate amiche negli anni Ottanta. Jayack è uno pseudonimo. Eravamo la famiglia Jocard. Abitavamo sopra i giardinetti Maurice Barrès. Lei, ricordo che era del Cali, il suo palazzo si chiamava Danube. All’epoca a casa nostra ci veniva spesso. Io ero il fratello minore, la spiavo da lontano, con me parlava raramente. Ma la rivedo davanti alla mia pista di automobiline, la sua unica preoccupazione era di insegnarmi a farle deragliare. Aveva una bici verde, una bici da corsa, da maschio. Rubava interi sacchi di dischi alla Hall du Livre e un giorno mi ha regalato Station to Station di David Bowie, perché ne aveva due. Grazie a lei ho ascoltato Bowie a nove anni. Ce l’ho ancora, quel disco. Nel frattempo, sono diventato uno scrittore – pur non avendo raggiunto il suo livello di notorietà, non mi è andata troppo male, e il suo indirizzo mail è un pezzo che ce l’ho. Me l’ero procurato perché volevo scriverle un monologo teatrale. Non ho mai trovato il coraggio di contattarla. Cordialmente. REBECCA Ragazzo, tieniti le tue scuse, tieniti il tuo monologo, tieniti tutto: non mi interessa niente di te. Se ti può consolare sono ancora più furiosa nei confronti di quell’infausto cretino che mi ha inviato il link alla tua dichiarazione, come se dovessi essere aggiornata su ogni insulto che mi riguarda. Io della tua misera vita me ne strasbatto. Me ne strasbatto dell’insieme della tua opera. Me ne fotto di tutto quel che ti riguarda, tranne di tua sorella. Certo che mi ricordo di Corinne. Erano anni che non pensavo a lei, ma appena ho letto il suo nome mi è tornato in mente tutto come se aprissi un cassetto. Giocavamo a carte su una slitta che fungeva da tavolinetto in camera sua. Aprivamo le imposte per fumare le sigarette che rubavo a mia madre. Siete stati i primi ad avere un microonde e ci facevamo fondere il formaggio da spalmare sulle fette biscottate. E poi mi ricordo che sono andata a trovarla nei Vosgi – faceva la monitrice in una specie di chalet con dei cavalli. La prima volta che ho messo piede in un bar è stato con lei, abbiamo giocato a flipper facendo le disinvolte, come se ci giocassimo da una vita. Corinne aveva una moto – vista l’età che avevamo doveva essere un motorino truccato. Fumava Dunhill rosse e beveva spremute di limone. Ogni tanto parlava della Germania dell’Est e della politica della Thatcher, roba di cui intorno a me nessuno si preoccupava, all’epoca. Ho detestato Nancy, ci ripenso di rado, e non ho nessuna nostalgia della mia infanzia – mi ha sorpreso che di quella giovinezza mi tornasse in mente qualcosa, e qualcosa di piacevole. Di’ a tua sorella che l’ho cercata su Internet e non ho trovato niente. Immagino che si sia sposata e abbia cambiato cognome. Dalle un bacio da parte mia. Quanto a te, fottiti. OSCAR Corinne non si è mai aperta un account sui social. Non è tecnofoba, ma