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Luna rossa

Author/Uploaded by Jo Nesbø

Jo NesbøLuna rossaTraduzione di Maria Teresa Cattaneo, Stefania Forlani e Eva Kampmann Luna rossa Il sole si cambierà in tenebree la luna in sangue,prima che venga il giorno del Signore,grande e terribile.Libro di Gioele 3,4 Prologo– Oslo, – disse l’uomo portando il bicchiere di whiskey alla bocca.– È il posto che ami di piú? – chiese Lucille.Lui guardava fisso di fronte a sé, e sembrò pensare a...

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Jo NesbøLuna rossaTraduzione di Maria Teresa Cattaneo, Stefania Forlani e Eva Kampmann Luna rossa Il sole si cambierà in tenebree la luna in sangue,prima che venga il giorno del Signore,grande e terribile.Libro di Gioele 3,4 Prologo– Oslo, – disse l’uomo portando il bicchiere di whiskey alla bocca.– È il posto che ami di piú? – chiese Lucille.Lui guardava fisso di fronte a sé, e sembrò pensare alla risposta prima di annuire. Lei lo studiò mentre beveva. Era alto, anche seduto accanto a lei al bancone del bar la sovrastava. Doveva avere almeno dieci, vent’anni in meno dei suoi settantadue; era difficile dirlo, con gli alcolizzati. Il viso e il corpo parevano scolpiti nel legno: magri, netti e severi. La carnagione pallida, il naso cosparso da un reticolo di vene blu e gli occhi iniettati di sangue, con le iridi del colore dei jeans slavati, erano testimoni di una vita dura. E di bevute forti. E di cadute nell’abisso. E forse anche di passioni travolgenti perché, nel mese in cui era diventato un habitué del Creatures, lei aveva scorto il dolore nel suo sguardo. Era come un cane bastonato, scacciato dai suoi simili, sempre solo in fondo al bancone. Vicino a Bronco, il toro meccanico che Ben, il proprietario del bar, si era portato via dal set di Urban Cowboy, un mega flop in cui aveva lavorato come trovarobe. Un promemoria del fatto che Los Angeles non era una città costruita sui successi cinematografici, ma su un mucchio di spazzatura fatto di fallimenti finanziari e umani. Piú dell’ottanta per cento dei film era un fiasco totale e una perdita di soldi, la città aveva il piú alto numero di senzatetto degli Stati Uniti, e con una densità che si poteva trovare solo a Mumbai. Il traffico stava per soffocarla, restava da vedere se criminalità, violenza e droga l’avrebbero battuto sul tempo. Ma il sole splendeva. Sí, quella maledetta lampada da dentista californiana non si spegneva mai, e splendeva impietosa donando alla bigiotteria di una città falsa la lucentezza di diamanti autentici, di storie vere di successo. Se solo la gente avesse saputo. Come lo sapeva lei, Lucille, che era stata sulle scene. E dietro le quinte.L’uomo accanto a lei non aveva certo calcato le scene, la gente di spettacolo si riconosceva subito. Ma non sembrava nemmeno uno di quelli che fissavano il palco con ammirazione, speranza o invidia. Sembrava piuttosto uno a cui non fregava nulla. Che aveva i suoi interessi. La musica, forse? Una specie di Frank Zappa che componeva roba inaccessibile in uno scantinato su a Laurel Canyon e non era mai stato scoperto – né lo sarebbe stato in futuro?Dopo un po’ che andava lí, Lucille e il tizio nuovo avevano iniziato a scambiarsi cenni del capo e brevi saluti, come fanno i clienti mattutini di un bar per bevitori seri, ma adesso era la prima volta che gli si sedeva a fianco e gli offriva un drink. O meglio, aveva pagato quello che lui aveva già ordinato quando aveva visto Ben ridargli la carta di credito con un’espressione che faceva capire che era stata rifiutata.– Ma Oslo ti ricambia? – gli chiese. – Questa è la domanda.– A fatica, – rispose lui. Si passò una mano sulla zazzera di capelli corti e biondi spruzzati di grigio e lei notò che aveva una protesi di metallo al dito medio. Non era un bell’uomo, e la cicatrice color fegato che tracciava un arco dalla bocca all’orecchio – facendolo somigliare a un pesce preso all’amo – non migliorava le cose. Ma aveva un non so che, un che di brutto e un po’ pericoloso, che le ricordava alcuni dei suoi colleghi lí in città. Christopher Walken. Nick Nolte. E aveva le spalle ampie. O forse lo erano solo in confronto al resto, cosí magro.– Eh, sí, sono proprio quelli, che vogliamo, – disse Lucille. – Quelli che non ci ricambiano. Quelli che pensiamo ci potrebbero amare se solo ci sforzassimo un po’ di piú.– Che cosa fai nella vita? – chiese l’uomo.– Bevo, – rispose lei sollevando il bicchiere di whiskey. – E sfamo i gatti.– Mhm.– Ma in realtà volevi chiedermi chi sono. E io sono… – Bevve un sorso mentre rifletteva sulla versione da fornire. La manfrina per il pubblico o la verità. Appoggiò il bicchiere e decise per la seconda, chi si ne fregava.– Un’attrice che un tempo ha interpretato un grande ruolo. Giulietta, in quella che è ancora la miglior versione cinematografica di Romeo e Giulietta, ma che nessuno ricorda piú. Potrà sembrare un ruolo senza importanza, ma è sempre piú di quanto riesca a ottenere la maggior parte delle attrici in questa città. Sono stata sposata tre volte, due con ricchi produttori, da cui ho divorziato con accordi a me favorevoli, anche questi migliori di quelli che la maggior parte delle attrici ottiene. Il terzo era l’unico che ho amato. Un attore, un adone senza soldi, disciplina e coscienza. Ha dilapidato tutti i miei averi e mi ha lasciata. Lo amo ancora, che bruci all’inferno.Svuotò il bicchiere, lo mise sul bancone e segnalò a Ben che ne voleva un altro. – Già, e siccome sono sempre attratta da ciò che non posso avere, investo anche soldi che non ho in un film con un ruolo allettante per una donna attempata. Un progetto con una sceneggiatura intelligente, attori che sanno recitare e un regista che vuol far riflettere gli spettatori, per farla breve un progetto che qualsiasi persona ragionevole capirebbe che è destinato a fallire. Ed eccomi qua, una perdente sognatrice, la tipica losangelina.L’uomo con la cicatrice sorrise.– Okay, e con questo ho esaurito l’autoironia, – disse Lucille. – Come ti chiami?– Harry.– Sei di poche parole, Harry.– Mhm.– Svedese?– Norvegese.– Stai fuggendo da qualcuno?– Do quest’impressione?– Sí. Vedo che hai la fede. Da tua moglie?– È morta.– Ah. Allora è dal dolore, che fuggi –. Lucille sollevò il bicchiere in un brindisi. – Sai qual è il posto che amo di piú? Questo, Laurel Canyon.

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